sabato 23 maggio 2015

Quando un Mooc ti salva l'esame


Ho appena lasciato alle spalle il 2011, sono iscritto ad Ingegneria Meccanica e come tutte tutte le matricole di quelle facoltà che praticano l'ingenium, mi sono ritrovato difronte a quel possente muro sulla cui sommità, a grandi caratteri, si erge la scritta "Analisi 1". Le 624 pagine di "Elementi di matematica 1" giacciono pigre sulla scrivania. Scorrono i giorni che mi separano dal suddetto esame e la mia convinzione si fa largo tra l'insicurezza più radicata, -non sono capace!- mi ripete ossessivamente una lontana voce.
Durante questi giorni cupi però un barlume di speranza fa capolino nella mia stanza che maleodora di aria viziata, la cosiddetta "puzza di chiuso", tipica compagna delle sessioni di studio. Il Mit ha messo a disposizione online e gratuitamente i suoi corsi, tra cui proprio Analisi 1 (clicca qui o ad esempio qui). Essendo la matematica un linguaggio universale che scavalca accenti e grammatiche, sono in grado, dopo un numero imprecisato di ore, ad annodare i miei appunti frenetici e arzigogolati con le spiegazioni del docente americano, sicuramente meno eccentrico della professoressa Trombetti.
Nel mio personalissimo caso, dunque, questa forma di apprendimento digitale ha avuto effetti positivi, ho vinto la mia battaglia contro gli integrali. Come in una trasmissione di dati, pacchetto per pacchetto, commutazione permettendo, ho ricostruito l'intero programma, dalla teoria degli insiemi alla successione di Taylor.

Negli anni questi corsi on-line hanno riscosso un sempre maggior successo, tanto da assumere un nome specifico, ossia Mooc (Massive Open Online Course), e ad essere implementati su molteplici piattaforme, per la maggiorparte accademiche (vedi ("MOOCs: Top 10 Sites for Free Education With Elite Universities"). Proprio recentemente lo stesso Mit ha realizzato un'indagine sulla resa dei Mooc, effettutato proprio su alcune classi di Meccanica, riuscendo a dimostrare che i frequentanti cibernetici ottengono risultati positivi, anche tra quelli con pochissima preparazione.
Non è però tutto oro ciò che luccica. Se nel mio caso il corso online era solo uno strumento parallelo a quello fisico, di puro supporto per il raggiungimento di un fine tangibile, per uno studente esclusivamente digitalizzato l'attenzione tende a sciamare dopo poche settimane, come esemplificato da uno studio dell'Università della Pennsylvania.

E' chiaro che l'efficacia dei Mooc è fin troppo relativa al grado di attenzione e di costanza che il fruitore riesce a riversare su tali contenuti. Possiamo dunque pensare che questi corsi siano solo una strategica facciata di queste elitarie università volte a rafforzarne il prestigio?
Non ne hanno bisogno, potremmo ribadire. Bhè, stando alle donazioni che negli anni stanno riscuotendo proprio grazie a questi corsi, sarebbe meglio riflettere prima di avventare una risposta certa. Considerando inoltre che il conseguimento di questi ultimi non restituisce alcun credito effettivo allo studente, ma solo un attestato di frequenza (se di presenza si può parlare!), possiamo davvero affermare che il futuro non vedrà più insegnamenti tra i banchi polverosi delle accademie?
La mia risposta è ovviamente tiepida, ricade nel mezzo. Le strutture di insegnamento diverranno senza dubbio sempre più legate a contributi digitali, slegati dalla materialità del tempo e dello spazio, ma le eccellenze verranno ancora per lungo tempo formate sui buoni e cari libri in cellulosa.


Fonti: La Stampa
Alessandro Grieco


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