12 Maggio 2015. Cobas, Unicobas, Autoconvocati Roma, Usb, Ata e Usi scendono in strada indicendo uno sciopero di tale portata da non poter risultare superfluo a nessuna testata giornalistica, cartaceo o digitale che sia. Quanto a numero di aderenze e paralisi del sistema abbiamo pochi precendenti negli ultimi anni, dove un'intera classe sociale (quella degli insegnanti e degli apparati pubblici e assistenziali dell'istruzione) andava scivolando inesorabile verso un baratro di cui non si scorgeva neanche il fondo.
Da anni ormai la politica italiana è
intenta ad esacerbare dal sistema scolastico ogni tipo di burocrazia
e soprattutto di responsabilità nei suoi confronti. Con un spirito
sempre più liberista, cerca in tutti i modi di sgavarsi da questo
tozzo macigno, di forte intralcio alla scalata economica richiesta
dall'EU. Con un paese sempre più ossessionato da percentuali
economiche quali spread, btp, bund, il 3% sul pareggio di bilancio e
chissà quanti altri indici di reputazione sul mercato azionario
europeo e globale, i governi italiani tentano di privatizzare
l'istruzione, di renderla asettica ed elitaria. Ostracizzando ogni
tentativo di discorso tra insegnati e istituzioni si rischia di
coltivare diffidenza verso quest'ultime anche da chi dovrebbe farne
le veci, portando in aula il rispetto e la conoscenza dei valori
giusti.
Dal 2007 gli studenti della scuola media inferiore sono sottoposti alle prove invalsi.
Un sistema che valuta i propri studenti
attraverso delle pratiche del tutto sorpassate e farraginose, che non
tengono conto delle grosse differenze socioculturali e geopolitiche
degli esaminati, ma che si limita a fissare un certo target entro cui
sei dentro o fuori, è un sistema troppo fedele a quei caratteri
tradizionalistici che l'hanno fatta padrone fino ad oggi. E' questo
un esempio lampante del ristagno della pubblica istruzione che ci
aiuta a definirla meglio, nei pregi e nei difetti.
Lo stesso adeguamento di Renzi, detto "La buona scuola", non può
essere definito un passo avanti, perché non predispone ad alcuna
rivoluzione sostanziale ed è proprio in campo digitale che la
fallacia viene a galla. Il premier dichiara "molti studenti
hanno telefonini su cui sono contenute più informazioni di quante ne
avesse un capo di governo negli anni '90 ", un chiaro messaggio
che il governo non stanzierà alcun fondo per l'adeguamento
tecnologico dell'insegnamento e qualora vi fosse già un qualsivoglia
potenziamento in questi termini, l'istituto non sarà agevolato e
sostenuto a perseguire verso la digitalizzazione degli strumenti
didattici. Possiamo dunque considerare questa legge il
consuetudinario adeguamento del mercato del lavoro, per dare un pò
di spazio a quella moltitudine di precari e disillusi che hanno perso
le speranze di riscuotere il giusto compenso
per i propri sforzi.
Nel momento in cui la stragrande
maggioranza dei ragazzi in età adolescenziale (i cosiddetti nativi
digitali) vive un rapporto quasi paritetico tra la vita fisica e
quella digitale è paradossale non intervenire in tal senso. La
scuola ha bisogno di evolvere, di sviluppare nuovi e più
soddisfacenti, dal punto di vista puramente d'utilizzo, strumenti
didattici. Per farlo ha bisogno di un personale fortemente preparato
all'uso di tali dispositivi che sia in grado di accogliere queste
innovazioni con grande professionalità e crescere assieme ad essi,
con "release" continue e, in alcuni casi, difettose ma necessarie.
La scuola degli invalsi non diverrà mai 2.0 se non è pronta a convertirsi all'e-learning.
Fonti: Panorama Alessandro Grieco
La scuola degli invalsi non diverrà mai 2.0 se non è pronta a convertirsi all'e-learning.
Fonti: Panorama Alessandro Grieco
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