Coding, un neologismo che sta entrando sempre più
prepotentemente nel nostro linguaggio comune.
Letteralmente significa “codificare” ma il significato che
sta assumendo comunemente si riferisce soprattutto alla capacità, e al relativo
insegnamento, indirizzato soprattutto ai bambini, di comprendere e realizzare
codici informatici, in particolare algoritmi. Quello che a prima vista potrebbe
sembrare un argomento riservato a ingegneri ed addetti ai lavori, non è nient’altro
che una nuova prospettiva didattica che viene ritagliata sempre di più sui
bambini a partire dal terzo anno della scuola primaria. Se ai non-nativi
digitali può sembrare una impresa ardua avere a che fare con il codice, dall’altro
lato la messa in pratica di questo insegnamento-esperienza si sta dimostrando
essere non soltanto molto apprezzato tra i giovanissimi, ma sta dimostrando che
quest’ultimi ci sanno proprio fare.
Innanzitutto va detto che non si tratta di un vero e proprio
insegnamento curriculare, per il momento. Possiamo parlare di attività
didattica integrativa.
I giovanissimi studenti pare siano molto a loro agio con
questa nuova sfida, e risulta anche essere divertente grazie all’utilizzo di
interfacce basate su cartoni animati e la proposta di ipotesi di codificazione
progettato tenendo sempre presente il target di riferimento.
I nativi digitali hanno dimostrato di possedere delle
competenze innate nella comprensione dei codici informatici, li apprendono
in maniera naturale così come noi
abbiamo imparato il linguaggio verbale dai nostri genitori, loro apprendono dalle
macchine stesse.
Alcuni studi recenti dimostrano che lo studio del codice ha
ricadute positive sul bambino anche in termini di sviluppo del pensiero
computazionale più in generale.
La nuova e inedita sfida che si apre ora riguarda soprattutto
l’aggiornamento degli insegnanti e come loro riusciranno ad essere al passo con
i tempi e garantire un reale supporto agli studenti nell’apprendimento di
questo nuovo orizzonte didattico che cerca, senza troppa fatica, di farsi
strada come vera e propria disciplina.
Fonti: (1) (2) (3) (4)
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