martedì 2 giugno 2015

Coding. Perché i nostri figli saranno più bravi di noi a programmare.



Coding, un neologismo che sta entrando sempre più prepotentemente nel nostro linguaggio comune.
Letteralmente significa “codificare” ma il significato che sta assumendo comunemente si riferisce soprattutto alla capacità, e al relativo insegnamento, indirizzato soprattutto ai bambini, di comprendere e realizzare codici informatici, in particolare algoritmi. Quello che a prima vista potrebbe sembrare un argomento riservato a ingegneri ed addetti ai lavori, non è nient’altro che una nuova prospettiva didattica che viene ritagliata sempre di più sui bambini a partire dal terzo anno della scuola primaria. Se ai non-nativi digitali può sembrare una impresa ardua avere a che fare con il codice, dall’altro lato la messa in pratica di questo insegnamento-esperienza si sta dimostrando essere non soltanto molto apprezzato tra i giovanissimi, ma sta dimostrando che quest’ultimi ci sanno proprio fare.

Innanzitutto va detto che non si tratta di un vero e proprio insegnamento curriculare, per il momento. Possiamo parlare di attività didattica integrativa.
I giovanissimi studenti pare siano molto a loro agio con questa nuova sfida, e risulta anche essere divertente grazie all’utilizzo di interfacce basate su cartoni animati e la proposta di ipotesi di codificazione progettato tenendo sempre presente il target di riferimento.
I nativi digitali hanno dimostrato di possedere delle competenze innate nella comprensione dei codici informatici, li apprendono in  maniera naturale così come noi abbiamo imparato il linguaggio verbale dai nostri genitori, loro apprendono dalle macchine stesse.

Alcuni studi recenti dimostrano che lo studio del codice ha ricadute positive sul bambino anche in termini di sviluppo del pensiero computazionale più in generale.
La nuova e inedita sfida che si apre ora riguarda soprattutto l’aggiornamento degli insegnanti e come loro riusciranno ad essere al passo con i tempi e garantire un reale supporto agli studenti nell’apprendimento di questo nuovo orizzonte didattico che cerca, senza troppa fatica, di farsi strada come vera e propria disciplina.


Fonti: (1) (2) (3) (4)

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